sabato, settembre 01, 2018

Obesità normopeso

Guardate l'immagine.
Soffermatevi sulla figura a sinistra.
Sono due donne; stesso peso, stesso indice di massa corporea (BMI).
Cosa cambia???
Cambiano i volumi, cambia la composizione corporea. La prima donna a sinistra ha una quantità di grasso decisamente maggiore e una quantità di massa muscolare decisamente minore della donna a destra! E' una tipica condizione che si definisce: OBESITA' NORMOPESO CON SARCOPENIA. Si può essere "obese" anche se si è normopeso e, ad oggi, è una condizione molto frequente.
Come uscirne???
Tanta attività fisica, soprattutto di resistenza e una buona alimentazione con proteina ad alto valore biologico (magari con una mirata integrazione di proteine in polvere vegetali!).
Quando il peso non è tutto....

sabato, novembre 29, 2008

LA SAZIETA': MECCANISMI DI REGOLAZIONE

Il perfetto funzionamento psico-fisico dell’organismo permette di gestire e regolare il peso corporeo. Il corpo deve, infatti, bilanciare attentamente il giusto apporto di calorie e dei diversi tipi di sostanze nutritive al fine di mantenere un equilibrio pressoché perfetto.
In questo senso, la fame e la sazietà rappresentano due fortissimi impulsi regolatori nel comportamento alimentare. Ora, siccome per quanto riguarda la sensazione di fame sembrano non esserci problemi nella maggior parte della popolazione, mi sembra opportuno approfondire il concetto di sazietà.
Si tratta dei meccanismi che risultano coinvolti nella cessazione dell’atto di mangiare (meglio definiti come “cascata della sazietà”).
Primo fra tutti va citato il potere saziante del cibo, ossia la capacità che il cibo stesso ha di eliminare il desiderio di continuare a mangiare. Esistono in generale alimenti “statisticamente più sazianti” di altri (soprattutto gli alimenti ricchi di grassi) , ma direi che gli individui soggettivamente imparano che certi cibi sono più o meno sazianti e questo diventa spesso un fattore di influenza sulle scelte alimentari.
Un altro processo che conduce alla sazietà è l’effetto sensoriale del cibo: favorisce l’interruzione del mangiare il fatto di avere a disposizione cibi con caratteristiche sensoriali simili a quelli appena assunti. Ecco il successo di tante “mono-diete” (es. dieta della banana, dieta della patata, dieta del minestrone…) per cui si arriva a portare una persona a preferire di non mangiare piuttosto che continuare con una dieta mono-alimentare! Questo effetto è, secondo me, una delle tante meraviglie nell’autoregolazione alimentare: cosa poteva esserci di meglio, in natura, per indurre l’uomo a promuovere una dieta nutrizionalmente variata?
Un’altra categoria di fattori che incidono sul senso di sazietà sono tutti quelli che vengono definiti processi post-ingestione. Aumentano la sazietà la maggiore dilatazione gastrica, il maggior tempo di svuotamento dello stomaco (i cibi grassi sono gli ultimi che abbandonano quest’organo), la maggiore o minore stimolazione di recettori lungo il tratto intestinale, ecc..
Un’ultima componente che va citata riguarda poi l’effetto post-assorbimento degli alimenti. Si tratta degli effetti del cibo una volta che questo è assorbito dai villi intestinali ed immesso (sotto forma di sostanze semplici) del circolo sanguigno. La quantità di sostanze come glucosio ed amminoacidi nel sangue determina fortemente la sensazione di ricerca/abbandono del cibo. Avere una glicemia (quantità di zuccheri nel sangue) bassa significa essere in emergenza energetica e quindi, fisiologicamente, la sazietà lascia il posto al senso di appetito prima e di fame vera poi.
Recentemente un’attenzione particolare si sta rivolgendo ad una sostanza che sembra agire fortemente su fame-sazietà-peso corporeo: la leptina. Si tratta di una sorta di informatrice continua che in ogni istante informa il cervello sulla quantità di grasso presente nell’organismo. Il grasso diminuisce? La leptina blocca il senso di sazietà e spinge a nutrirsi. Quasi avessimo una spia interna che non lascia scampo in caso di guerra al sovrappeso!
Fortunatamente, però, gli studi compiuti sia a livello di meccanismi biochimici sia a livello di comportamento alimentare, lasciano ampio margine di lavoro in chi fortemente desidera modificare il proprio stile alimentare in particolare e di vita in senso più ampio.

IL CIOCCOLATO: TANTE VIRTU' DA SCOPRIRE


Tante le virtù del cioccolato! Si parla addirittura di proprietà curative di questo meraviglioso oro nero.
Recentemente i ricercatori dell’Università dell’Aquila hanno scoperto che 100g al dì di cioccolata fondente, da gustare per 15 giorni consecutivi, abbasserebbero la pressione e migliorerebbero il metabolismo degli zuccheri.
Gli effetti curativi riscontrati sarebbero da imputare ai flavonoli, composti con proprietà antiossidanti e protettive sui vasi sanguigni ed il cuore, ed alla biodisponibilità di ossido nitrico che agisce su pressione e metabolismo.
Una curiosità: il consumo di cioccolato in gravidanza favorirebbe la serenità a la vivacità del nascituro. Alcuni ricercatori dell’Università di Helsinki hanno coinvolto 300 donne in attesa e le hanno seguite durante la gestazione: è emerso che i figli delle mamme più golose di cioccolata erano non solo più sereni, ma anche più attivi rispetto agli altri. Molto probabilmente ciò è dovuto sia all’effetto (chimico) anti-stress del cioccolato sia all’ effetto psicologico (mi riferisco al benessere e all’ appagamento di fronte ad una barretta di cioccolata...).
Mangiare cioccolata poi, può servire a combattere alcuni tipi di tumori intestinali. Le procianidrine (molecole contenute nel cacao) proteggono le cellule da degenerazioni tumorali. Secondo il Daily Express gli scienziati della Georgetown University di Washington hanno condotto una serie di test con una versione sintetica delle procianidrine (le GECGC): dai risultati è emerso che hanno un effetto positivo su quattro tumori, in particolare in due varietà di cancro all’intestino, dove la sostanza è riuscita a rallentare del 50% la crescita tumorale.
Naturalmente il consumo di cioccolato va ben ponderato perché a fronte dei benefici, il costo in ordine di calorie introdotte è molto elevato. A chi introduce cioccolato nella dieta consiglio qualche piccola rinuncia per mantenere in equilibrio l’introito energetico giornaliero.

venerdì, settembre 05, 2008

Il Tè verde


Il tè verde deriva dai germogli delle foglie della pianta “Camelia sinensis”, la stessa del tè nero che tutti conosciamo. Anzi, per la precisione, esistono tre tipi di tè: nero, oolong e verde, classificati solo ed esclusivamente in base al tipo di lavorazione (in particolare differisce la durata della fermentazione delle foglie). Nel tipo “verde” le foglie, appena raccolte, vengono “lavate” a vapore e subito seccate per impedirne la fermentazione. Grazie a questo processo i principi attivi rimangono inalterati e si perde un po’ di teina.
Che questa bevanda fosse un toccasana, una specie di elisir di lunga vita, gli Orientali lo dicevano da secoli, tanto che in Oriente il tè (rigorosamente verde: quello nero, considerato di bassa qualità, lo riservano a noi Occidentali) è bevanda nazionale. Già nel 2700 a.C. si narra di un imperatore, bevitore di tè, che era solito mettere le foglie della pianta dentro una brocca di acqua calda dando così inizio a questa affascinante usanza.
Tante sono state le ricerche su questa bevanda ed i primi studi risalgono a più di dieci anni fa. Decine sono le ricerche pubblicate su riviste scientifiche di rilievo, da Jama (Journal of American Medical Association) a Lancet.
Uno degli ultimi interessanti sviluppi è stato lo scoprirne le stupefacenti proprietà anti-invecchiamento ed anti-cancro. Una piccola curiostà: la “pulce” nacque osservando la straordinaria longevità, in Oriente, delle donne che insegnano la cerimonia del tè e che quindi assumono molto più tè rispetto alla media. Inoltre, tra i ricercatori di tutto il mondo nacque quello che poi fu definito il “paradosso nipponico”: perché i Giapponesi, tra i più forti fumatori al mondo, si ammalano meno che altrove di tumore al polmone?
Ciò è dovuto al potere dei componenti del tè verde, in particolare un tipo di costituenti fornisce i maggiori benefici per la salute: i polifenoli, in particolare delle catechine con potenti proprietà antiossidanti. Sembra, addirittura che un tipo di queste, le EGCG (epigallocatechine-galato), abbia un potere antiossidante 20 volte più forte della vitamina E. Il segreto (fornitomi da un amico orientale) per prepararlo correttamente: mettere un paio di grammi di tè in fondo ad una tazza o teiera e riempirla con una parte di acqua fredda e una di acqua calda (l’acqua bollente deteriora le foglioline); lasciare in infusione per 2-4 minuti, filtrare ed aggiungere eventualmente miele o zucchero di canna, mai il latte perché la caseina in esso contenuta potrebbe neutralizzare i polifenoli. Quindi….buona tazza a tutti!

I cibi dell'estate


E’ arrivata finalmente l’estate: il tempo del sole, dell’allegria, dell’energia manifesta.
Finito il torpore invernale, ci accingiamo a modificare più o meno drasticamente le nostre abitudini, tra tutte anche quelle alimentari.
Cosa cambia, o cosa dovrebbe cambiare nella nostra alimentazione con l’avvento delle calde giornate estive?
Sicuramente il primo cambiamento riguarda l’apporto calorico totale: se l’inverno ci ha portato ad un’assunzione calorica medio-alta è tempo di diminuire le calorie introdotte con gli alimenti: non è infatti più necessario “velocizzare il carburatore” per difenderci dal freddo, al contrario cercheremo di diminuire l’impegno digestivo preferendo cibi freschi e leggeri.
Il grasso superfluo non ci serve più, non dobbiamo più “isolare” il nostro organismo con uno strato di adipe, anzi dobbiamo permettere lo scambio più totale tra noi e l’ambiente esterno: l’energia invernale accumulata deve aprirsi all’esterno e liberarsi.
Diminuiamo quindi il consumo di alimenti ricchi di grassi, soprattutto animali (burro, carni grasse, insaccati, formaggi grassi, yogurt interi, dolci, creme) e aumentiamo le entrate di grassi mono e polinsaturi (olio extra-vergine d’oliva, pesce azzurro, frutta secca).
Ricopriamo le nostre tavole di frutta (almeno 400g al giorno) e verdure (almeno 500g al giorno). I frutti e le verdure estive sono ricchissimi d’acqua al contrario di quelli tipicamente invernali perché la natura sa di cosa ha bisogno il nostro corpo in ogni momento dell’anno. Sotto il sole cocente dell’estate c’è bisogno di acqua e sali minerali (anguria, melone, pomodoro), per i raggi ultravioletti c’è bisogno di beta carotene (carote, melone, peperoni), per il sudore emesso e la conseguente perdita di minerali c’è bisogno di integratori naturali di potassio (albicocche, melone, pesche).
Ma una avvertenza vale più delle altre: beviamo tanta acqua! Se in inverno la quantità media raccomandata è di 1 ml per kcal consumata, in estate arriviamo a 1,5 ml per kcal. Sconsigliati vivamente gli alcolici ed i superalcolici: dissetano poco ed, in parte, vengono dissipati dall’organismo sotto forma di calore (cosa di cui certamente non abbiamo bisogno…) Inoltre, per prevenire le frequenti tossinfezioni alimentari tipiche di questo periodo, è importante consumare cibi freschi, cotti al momento e consumati subito.

La Pizza Napoletana


LA PIZZA NAPOLETANA: PROPRIETA’, PREGI E DIFETTI

E’ quasi sempre la domanda che mi viene posta a conclusione di una visita: “ Mi lascia almeno una Pizza a settimana…?”.
Ebbene si, sembra proprio che non si riesca a farne a meno: la pizza con in suoi colori e profumi rappresenta sempre un momento di gioia e condivisione fra amici…
Ma, proviamo a vedere un po’ più da vicino questo meraviglioso piatto unico della dieta mediterranea.
In generale, dietologi e nutrizionisti non sono mai stati teneri con questo alimento; spesso perché è proprio alla base di fallimenti nutrizionali in virtù dell’importante apporto calorico, altre volte perché ne viene sottolineata la scarsa digeribilità (“dopo aver mangiato la pizza mi gonfio da morire!” , “ mi peso il giorno dopo aver mangiato la pizza e sono 1 kg in più!”).
La pizza, così come il pane e la pasta (le 3 “P” tanto amate dalle donne….) rappresenta uno dei capisaldi dell’alimentazione italiana, la base di una piramide alimentare che vede proprio i carboidrati complessi (di cui la pizza è fondamentalmente costituita) come maggiori rappresentati della dieta quotidiana.
Cerchiamo di comprenderne meglio l’aspetto nutrizionale: l’INRAN (ex istituto nazionale di nutrizione) per pizza pomodoro e mozzarella fornisce la seguente ripartizione su 100g di prodotto: 271 kcal, 52,9g di carboidrati, 5,6 di proteine, 5,6 di grassi.
Cosa dedurre? Sicuramente che l’apporto di carboidrati (circa il 73%) ben si allinea alle indicazioni della dieta mediterranea, ma laddove si vadano ad analizzare i grassi ci si accorge che l’80% sono di origine animale (ossia prevale la quota del grasso della mozzarella o di eventuale strutto nell’impasto su quella dell’olio di oliva aggiunto). In più, certamente si deduce che la pizza non è ipocalorica: in media una pizza comporta un’assunzione di circa 900 kcal, cioè quasi il 50% del totale delle kcal giornaliere.
Ma, se smetto per un po’ di pensare con la mente “professionale” e mi affido al cuore (e alla gola…) posso e voglio dire che sicuramente stiamo parlando di un prodotto genuino, buono ed universale che merita competenza e passione da parte di chi la prepara e di chi la degusta.
Per centinaia di anni, insieme agli spaghetti ed al pesce, la pizza ha rappresentato una delle principali fonti di sostentamento per gran parte di una fetta di popolazione, soprattutto nel meridione italiano.
Non è consigliato abusarne, ma una pizza ogni tanto, magari semplice, è assai meglio di hamburger, panini o fritti di vario genere. Amata tanto anche dai bambini, può essere un ottimo pasto per chi è particolarmente inappetente o difficile nell’accettare cibi nuovi. Non dimentichiamo, inoltre, un’altra importante caratteristica positiva della Pizza: consente una serata allegra fuori casa senza lacrime per il portafoglio!

Il Miele

Cibo antico che nei millenni ha mantenuto quasi inalterato il suo rapporto con l’uomo.
La mitologia classica lo evidenzia come cibo degli dei, concesso ai mortali per confortarli nelle difficoltà, nei dolori, nelle prove del vivere quotidiano. Il miele come alternativa all’ambrosia, che la mitologia riserva esclusivamente alle divinità.
Attraverso le diverse civiltà egiziane, babilonesi, romane ed indù, il miele ha tramandato anche i suoi poteri terapeutici, mantenendo in vita il ruolo magico che la natura assume nella vita dell’uomo.
Ogni miele porta con sé non solo le caratteristiche peculiari del suo territorio d’origine e della sua specifica fioritura dalla quale prende vita, ma anche le sue specifiche valenze terapeutiche.
Perché faccia bene non è necessario che sia un costoso miele “monoflora”, per esempio miele di pino, abete, eucalipto, lavanda o timo, di solito prescritti nelle affezioni delle vie respiratorie. Se è di raccolto recente, è molto efficace anche un buon miele di fiori vari (poliflora), anche se sembra ormai dimostrato che i mieli più scuri tendono ad avere un più alto contenuto di composti fenolici che potrebbero essere responsabili delle positive proprietà antiossidanti. Inoltre, come suggerito da recenti studi (ma sicuramente le nostre nonne lo sapevano già!), la viscosità del miele avrebbe sulle vie respiratorie un’azione emolliente.
Una delle ultime ricerche proviene dai medici del Dipartimento della Pennsylvania State University: 105 pazienti dai 2 ai 18 anni, che presentavano un’infezione delle alte vie respiratorie e tosse, sono stati suddivisi in 3 gruppi. Circa mezz’ora prima di coricarsi, ad un gruppo è stato somministrato miele, al secondo un comune farmaco da banco sedativo per la tosse, al terzo gruppo nessun tipo di trattamento. Bene, il miele si è dimostrato il più efficace in tutti i parametri valutati. Per concludere va poi sottolineato che il miele non possiede gli effetti collaterali di un farmaco di sintesi ed è sicuramente preferibile al palato (sia per grandi che per bambini)!!

martedì, febbraio 26, 2008

Probiotici, Latti Addizionali


YOGURT, PROBIOTICI, LATTI ADDIZIONATI DI STEROLI VEGETALI ED OMEGA3.

C’erano una volta il latte e lo yogurt… Andavamo al supermercato, ci dirigevamo al banco frigo ed al massimo avevamo la possibilità di scegliere tra latte intero o scremato, yogurt magro o alla frutta, denso o da bere.
Oggi, ci dirigiamo al banco frigo e ci si apre un mondo: latte addizionato di omega-3 che fa bene al cuore, latte con steroli vegetali che abbassa il colesterolo, yogurt con fermenti lattici dai nomi sconosciuti ed inquietanti che regolarizzano la funzionalità intestinale ed aumentano le difese immunitarie…ma..come dobbiamo comportarci? Possiamo scegliere un prodotto in tutta tranquillità senza prima conseguire una laurea in biologia molecolare?!
Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza, perché credo che i consumatori abbiano diritto di conoscere per poter scegliere senza aver paura che un “bifidus” alieno possa terrorizzarli in incubi notturni…
Cosa sono i latti addizionati? In pratica si tratta di latte (solitamente vaccino) con aggiunta di sostanze che “fanno bene” a qualcosa. Oggi si trovano principalmente latti con Omega-3 e/o con steroli vegetali.
Gli omega 3 sono degli acidi grassi indispensabili per uno stato ottimale della salute umana che si trovano principalmente nel pesce. Sono grassi polinsaturi, ossia liquidi a temperatura ambiente e ricchi di “spezzettamenti” nella loro composizione chimica. E’ ormai noto che un’adeguata introduzione con la dieta di questi grassi riduca i fenomeni infiammatori e la possibilità di sviluppare fenomeni di aterosclerosi e patologie cardiache in generale. Aggiungerli al latte significa aumentare (sempre considerando la quantità individuale di assunzione di latte al giorno.)gli introiti di questi grassi. Ora, vorrei sottolineare che la dieta mediterranea è già di per sé caratterizzata da un sano equilibrio (e sottolineo la parola “EQUILIBRIO”)fra i vari tipi di acidi grassi ed andare a proporre un alimento che sbilanci la situazione a favore di omega 3 può non essere necessario, se non dannoso. Tutti quegli “spezzettamenti” nella catena chimica sono “punti deboli” della sostanza in esame e se da una parte sono utili, troppi, diventano dannosi. Quindi, a parte il marketing, diciamo che se la dieta è molto povera e monotona (scarso apporto di pesce, consumo eccessivo di grassi animali..) può essere utile assumere questi prodotti, ma sicuramente non senza controllo della quantità giornaliera assunta.
E gli steroli vegetali? Si chiamano anche fitosteroli e abbassano il livello di colesterolo nel sangue bloccando in parte l’assorbimento di colesterolo nell’intestino. Molti studi dimostrano che fra 1 e 3 grammi di fitosteroli al giorno per alcune settimane aiuta a ridurre il colesterolo plasmatico. Naturalmente aggiungerli ad un latte o uno yogurt diventa un’abitudine quotidiana che può essere assunta dal consumatore per cercare di risolvere un problema metabolico. Va detto però che sono prodotti destinati esclusivamente a persone con ipercolesterolemia, non destinati a donne in gravidanza, allattamento o per bambini di età inferiore ai 5 anni.Ultimo accenno ai probiotici: sono sostanze in grado di favorire la crescita di microrganismi con azione benefica per il colon e l’organismo in generale. Sono indicati in tutti i casi di “disbiosi” intestinale (quando è presente colite, stitichezza, gonfiore addominale, diarrea). Nessuna grande controindicazione, ma, come per tutte le cose, non esageriamo mai con le quantità.

Il Carciofo e i suoi benefici

PROPRIETA’ E BENEFICI NEL CONSUMO DEL CARCIOFO
“Contro il logorio della vita moderna…”: così recitava la pubblicità di una nota marca di amari che qualcuno sicuramente ricorda…
“Oda a la Alcachofa” (Ode al Carciofo) scrisse Pablo Neruda in una raccolta di poemi…
Ebbene si: stiamo parlando di un vero e proprio protagonista, un principe nell’alimentazione e nella cucina: il carciofo.
Mammole romane, violetti di Toscana, spinosi di Liguria sono le varietà più diffuse ed in piena produzione fra Marzo ed Aprile.
Il Cynaria scolymus (questo il nome botanico) è uno degli ortaggi più sani e saporiti che la natura metta a disposizione, anche se le virtù attribuitegli sono in gran parte merito dell’intera pianta e non solo del capolino floreale (che comunemente mangiamo) colto prima che si apra in un meraviglioso fiore.
Un alimento squisito sia crudo che cotto nelle numerose e golose preparazioni della tradizione.
Principalmente da sottolineare l’attività coleretica del carciofo (capacità di stimolazione sulla produzione della bile) e colagoga (capacità di favorire l’evacuazione della bile nell’intestino). In particolare una sostanza risulta essere primariamente attiva in questo senso: la cinarina, il principio amaro che caratterizza il sapore del carciofo. Un “Amaro” che fa bene, come sosteneva Rudolf Steiner (padre dell’Antroposofia moderna), “un sapore amaro che è tonificante del cuore sano e del fegato affaticato o malato”.
Inoltre, ne è ormai dimostrata l’attività ipocolesterolemizzante (diminuisce i livelli plasmatici di colesterolo LDL, quello “cattivo”) ed ipotriglicerimizzante (diminuisce i livelli plasmatici di trigliceridi), quindi in senso generale, diminuisce la quantità di grassi circolante nel sangue (lipemia). La dose terapeutica sembra variare da 60mg a 1,5g di cinarina al giorno, cioè 100-300g di carciofi al dì per un periodo abbastanza prolungato di almeno 2-3 mesi.
Quasi una terapia “farmacologia” che la natura ci mette a disposizione per purificarci durante il risveglio della primavera; un meraviglioso fiore che “ripulisce” sangue e fegato dopo il lungo torpore invernale.
Da sottolineare le buone quantità di magnesio, fosforo, calcio, ferro e vit.B1.
Buono anche l’apporto in fibre, essenzialmente di tipo insolubile (7,6g/100g), anche se va specificato che il carciofo è un ortaggio “dalla fibra robusta”, ossia i filamenti che lo caratterizzano risultano essere particolarmente difficili da digerire in caso di intestino irritabile, meteorismo, dispepsia in generale e diverticolosi intestinale.
E’ controindicato per le donne che allattano perché disturba la produzione di latte. Infine una curiosità: ha la proprietà di far cagliare il latte.

martedì, dicembre 11, 2007

La Mela anticancro

“Does an apple a day keep the oncologyst away?”(ossia “può una mela al giorno togliere l’oncologo di torno?”): è il titolo di una ricerca internazionale pubblicata su Annals of Oncology da ricercatori dell’Istituto Mario Negri, del CRO di Aviano, dell’Istituto Tumori di Genova, del Pascale di Napoli, del Regina Elena di Roma e dell’Agenzia per la ricerca sul cancro di Lione.
Ed è proprio così; chi l’avrebbe detto che una ricerca scientifica pubblicata su una rivista internazionale negli anni Duemila confermasse in pieno l’antico proverbio, frutto di una saggezza popolare?
Certo che…magari Adamo ed Eva non sarebbero proprio d’accordo con noi, visti i guai che la mela causò nel paradiso terrestre…! Invece, questo frutto, è una miniera di polifenoli (in particolare le procianidrine), antiradicali liberi con una spiccata azione anti-invecchiamento ed anti-aterosclerosi. Gli studi hanno confermato che la mela, tra i frutti coltivati, contiene la più grande quantità di polifenoli (da 212 a 66mg/100g a seconda della varietà) con un record per le renette (dal francese reinette che significa reginetta).
Spiega Mario Cristofolini, presidente della Lilt di Trento, che le ultime ricerche riguardano il comportamento di cellule di numerosi tumori umani, dall’adenoma al cancro del colon, quello del fegato, la leucemia, il melanoma. Lo sviluppo delle cellule tumorali in coltura viene ridotto rispettivamente di circa il 40-60% aggiungendo mela con la buccia, del 30-40% solo con la polpa.
Non solo, lo studio firmato anche da Carlo La Vecchia ed Eva Negri dell’Istituto Mario Negri di Milano, ha rivelato che il rischio di tumore nei “mangiatori di mele” risulta ridotto del 21% per il cancro del cavo orale, del 25% per cancro esofageo, del 20% per il cancro del colon retto, del 18% per il cancro alla mammella, del 15% per quello ovarico e del 9% per quello alla prostata.
In generale, comunque, si stima che dal 20 al 40% dei tumori del tratto digerente sia associabile al basso consumo di frutta e verdura. Basterebbe aggiungere 1 sola porzione di frutta/verdura al giorno per ridurre del 10-20% il rischio relativo di insorgenza tumorale.
Ma, a parte le ultime notizie, le virtù gastronomiche e terapeutiche della mela sono note. E’ un tonico muscolare, fortificante del sistema nervoso, lassativo, diuretico, antireumatico, antisettico intestinale, indicato agli astienici, agli obesi, agli anziani, ai sedentari. Inoltre, se masticata a lungo, allevia l’aerofagia.
Utile, poi, in corso di dieta dimagrante: mantenendo alto per diversi minuti il tasso glicemico e contenendo una buona dose di pectina (fibra solubile) provoca un senso da sazietà maggiore di altri alimenti contenenti le stesse quantità di zuccheri.
Un’ultima curiosità: tra le tante lodi che si fanno a questo frutto, una recente e simpatica secondo cui tra i componenti della mela c’è anche un principio ormonale simil estrogeno, vero afrodisiaco naturale che agisce sull’ipotalamo dopo alcuni minuti da che il frutto è stato ingerito…

Le Noci

LE NOCI, PROTEGGENDO L’ENDOTELIO, CONTRASTANO LA MALATTIA CORONARICA. AZIONE PREVENTIVA PER L’OSTEOPOROSI.
Molto gradevole, leggermente piccante, delicata: ecco la noce, il frutto oleoso più energetico d’Europa (662 kcal/100g), il più ricco –allo stato secco – di grassi (63,7g) e tra i meno ricchi di proteine. Buona, quindi ma non solo per il palato.
Recenti studi epidemiologici stanno dimostrando sempre più le sue numerose virtù: tra le altre, la capacità protettiva sull’endotelio (tessuto sottile del vaso sanguigno) e la possibilità preventiva sull’osteoporosi (il “silenzioso nemico” delle donne). La ricerca nasce in Grecia, precisamente al Dipartimento di Chimica Biologica dell’Università di Atene dove si è valutato il ruolo delle noci sulla funzione endoteliale e su quella delle ossa (lavoro pubblicato ad Ottobre sulla rivista scientifica British Journal of Nutrition).
Parlare di endotelio sano significa parlare di vasi sanguigni sani: basti pensare che la disfunzione endoteliale è spesso associata a disturbi delle arterie coronarie (i vasi del cuore che come una “corona” lo nutrono e gli assicurano ossigeno) e di conseguenza una delle principali cause di cardiopatia ischemica.
Dallo studio greco spicca in particolare un estratto della noce comune, l’acido ellagico.Questo componente polifenolico sembra in grado di giocare un ruolo positivo sia sulle cellule endoteliali dell’Aorta sia sugli osteoblasti, vere e proprie cellule di costruzione dell’osso.
Per verificare se le noci possono rendere reversibili le disfunzioni endoteliali si sono considerati soggetti con ipercolesterolemia che hanno effettuato per un mese una dieta mediterranea a basso contenuto di colesterolo ed una dieta simile dove le noci sostituivano il 32% di energia proveniente da acidi monoinsaturi (quelli presenti soprattutto nell’olio d’oliva). Nei soggetti che completarono lo studio, la dieta con noci migliorava significativamente sia la vasodilatazione endotelio-correlata che la riduzione delle molecole per l’adesività delle cellule vascolari.
Ma attenzione! Ho parlato di sostituzione di una parte di energia (per es. proveniente dall’olio d’oliva) con l’inserimento di qualche noce (3-4)! Non vorrei proprio che l’articolo in questione diventi per qualche goloso la “coscienziosa” giustificazione per un peccato di gola…
Le noci, quindi, se mangiate regolarmente e con criterio, possono avere un effetto preventivo sulla patologia coronarica (CAD) anche per la grande capacità di abbassare la colesterolemia totale ed LDL in particolare.
Pertanto questa “variante con le noci” della dieta mediterranea (che già da sé garantisce buoni apporti in antiossidanti naturali) può favorire la vasodilatazione nei soggetti ipercolesterolemici e questo forse è il meccanismo della cardio protezione attribuita alle noci.

martedì, settembre 25, 2007

I PIATTI PRONTI


I RISCHI DEGLI ALIMENTI PRECOTTI-PIATTI PRONTI

La compressione del tempo a disposizione per la preparazione dei piatti “in casa” ha fatto crescere il consumo di alimenti “preparati” fino a far superare il consumo di questi ultimi del 30% rispetto ai consumi alimentari complessivi.
Il fenomeno della “mancanza di tempo” ha infatti modificato radicalmente le abitudini alimentari in particolare, e domestiche in generale, degli Italiani.
Ormai non si ha tempo. Non c’è tempo per rilassarsi, non c’è tempo per fare la spesa al mercato, non c’è tempo per pulire le verdure, non c’è tempo per porzionare un pezzo di carne, non c’è tempo per far cuocere gli alimenti…. Ricordo ancora, nella mia infanzia, quando mia nonna si alzava presto la mattina, preparava in silenzio tante varietà di verdure e metteva sul fuoco un insieme meraviglioso di colori e profumi che rimaneva a fondersi per ore…creando zuppe che erano capolavori…
Oggi quelle immagini, quel tempo dilatato sembrano appartenere ad un’epoca tanto lontana, così diversa dalla vita frenetica che facciamo..(soprattutto noi donne, non più custodi del focolare, ma impiegate a tempo pieno!)
I cibi precotti sono stati quindi ben accolti dalle donne che lavorano, dai single, dalle persone poco esperte in cucina, dalla gente frettolosa e dagli anziani.
In questo quadro la crescita dei piatti pronti è emblematica. Negli ultimi anni gli aumenti di fatturato sono stati esponenziali; si può dire che, secondo i dati forniti dalle più note aziende del settore, proprio questa area di prodotti è stata complessivamente la più performante, al di là del biologico e degli stessi prodotti alimentari innovativi.
Non sono molti gli anni trascorsi dai primi inserimenti nella nostra cucina dei piatti pronti. Si tratta essenzialmente di piatti precotti, grazie ai quali occorre solamente scaldare il prodotto o al più cuocerlo per poco tempo.
Possiamo trovare primi piatti tradizionali, secondi, sughi, zuppe o minestroni e, recentemente persino dolci.
Solitamente questi prodotti includono tutti gli ingredienti necessari alla preparazione del piatto. Ma sono ingredienti genuini? Essendo piatti pronti, l’aspetto critico degli ingredienti riguarda i conservanti (prolungano la durata del prodotto), gli additivi (aumentano l’appetibilità) e la scelta dei grassi utilizzati (spesso si cerca di risparmiare sulla genuinità degli ingredienti per cui si utilizzano margarine, grassi idrogenati, grassi vegetali generici). L’uso di oli diversi dall’olio di oliva extra-vergine deve considerarsi incomprensibile in un’ottica di massima qualità.
Inoltre, l’apporto calorico di questi piatti è veramente poco attendibile e valutabile. In generale si può dire che i valori possono essere (su 100g di prodotto) 100 kcal per le zuppe e i minestroni, 140 kcal per i primi e 120 kcal per i secondi.
Due aspetti da prendere poi in considerazione riguardano la sazietà e l’appetibilità. Spesso l’indicazione dell’apporto calorico può far pensare ad un alimenti sano e “leggero”, salvo poi scoprire, una volta aperta la vaschetta, che è veramente poco saziante.
Non tutto però è da buttare…Esistono confezioni con notevoli varietà di verdure, cereali e legumi magari anche poco impiegati nella cucina tradizionale. Inoltre, si trovano preparazioni in cui il grasso impiegato è esclusivamente olio extra-vergine d’oliva e non sono aggiunti conservanti o coloranti, né aromi di alcun tipo.
Impariamo, quindi, a dare un’occhiata all’etichetta quando acquistiamo un prodotto… Controlliamo che non siano presenti margarine o grassi vegetali idrogenati e pretendiamo ingredienti di buona qualità! E’ comunque un modo per prenderci cura di noi stessi e volerci bene..
Apprezzabile (e sicuramente utile!) anche la semplicità della preparazione; spesso nello stesso contenitore della confezione bastano pochi minuti al microonde!
Per quanto riguarda il tema della sicurezza devo dire che molto dipende dalla qualità del prodotto di partenza e dal rigore con cui sono state seguite le norme igieniche durante la preparazione. Da dire però che la fabbricazione, la conservazione e la distribuzione dei prodotti precotti industrialmente sono sottomessi a regolamenti e controlli severi.
Naturalmente maggiori garanzie le otteniamo con i prodotti da consumare caldi (il calore è già un metodo di bonifica batterica) piuttosto che con prodotti da consumare così come vengono venduti (insalate, vitello tonnato.).
Un cenno alle insalate già pronte: consiglio comunque di risciacquarle prima del consumo.

INFLUENZA

COME RAFFORZARE IL SISTEMA IMMUNITARIO
Autunno, periodo di primi raffreddori ed influenze. Mai come in questo momento quindi, viene da chiedersi, tra uno starnuto e l’altro,se esiste un modo per prevenire o addirittura curare questi fastidiosi compagni di stagione.
Va subito detto che come non esiste un farmaco, così non esiste un unico alimento o dieta “anti-influenza”; certo è che alcuni accorgimenti alimentari risultano utili per rafforzare le difese immunitarie a tal punto da ridurre il rischio d’insorgenza, frequenza e gravità della malattia.
Innanzi tutto va detto che un sano sistema immunitario corrisponde sempre ad una sana alimentazione. Situazioni patologiche di malnutrizione comportano di riflesso un’alterazione nello splendido equilibrio che esiste fra le diverse componenti del nostro sistema di difesa. Essenzialmente la malnutrizione proteica (scarso apporto di proteine con la dieta) comporta una diminuzione del numero e della funzionalità dei globuli bianchi (leucociti). L’indebolimento dell’organismo significa maggiore vulnerabilità nei confronti di eventuali agenti patogeni esterni (virus o batteri) e quindi aumentata predisposizione alle malattie da raffreddamento.
Iniziamo, allora, col dire che l’alimentazione deve essere innanzi tutto variata, ricca e sufficiente nel suo apporto proteico (circa il 18-20% delle calorie totali dovrebbe provenire da alimenti proteici). Carne magra, pesce, uova, latte, latticini, legumi sono vero nutrimento per le nostre naturali sentinelle organiche!
Altro assoluto protagonista di questo articolo è l’acido ascorbico, presente negli agrumi e in diverse verdure (peperone, rucola, cavolini di Bruxelles, lattuga, spinaci, cavolo, radicchio, cicoria, indivia, scarola). Queste ultime, però, perché conservino l’acido ascorbico, devono essere consumate esclusivamente allo stato fresco e crudo. L’acido ascorbico è idrosolubile, termolabile e facilmente ossidabile; si deve avere cura di lavare bene le verdure, ma rapidamente (non lasciandole “in ammollo”) e di tagliarle solo dopo il lavaggio per poi consumarle immediatamente.
L’integrazione della dieta con frutta e verdura, anche solo con 1 arancia da 150 g e 1 kiwi da 100 g consumati nei due pasti principali, apporta quotidianamente ben 475mg di acido ascorbico.
Purtroppo, va sottolineato che oggi l’alimentazione dell’uomo medio risulta essere limitata: troppo povera di frutta e verdura cruda, non adatta a prevenire e curare influenze e raffreddori. Devo dire poi che, tanto spesso, il mercato moderno offre a disposizione dei consumatori frutta e verdura non proprio di stagione, magari raccolta poco matura e lasciata maturare in ambienti a temperatura e atmosfera modificata. In questi casi la scarsa spontaneità della maturazione/conservazione comporta un diminuito contenuto, nel prodotto finito, di vitamine e quindi un diminuito apporto per l’organismo. Solo frutta e verdura di stagione quindi, fa bene alla salute e di certo anche al portafoglio.
Che dire poi degli integratori sintetici?
Alcuni medici, anziché prescrivere un ampliamento della dieta con verdure e frutta di stagione, preferiscono integrare con le compresse di vitamina C sintetica (1 dose/die). A questo proposito, però devo dire che i vecchi professori universitari concordano ripetendo che le compresse di vitamina C servono a produrre nient’altro che una “urina molto costosa”. La biodisponibilità del prodotto artificiale non è certo la stessa del prodotto naturale ed il dosaggio non è sufficientemente modulato. La vitamina C allora, idrosolubile, quando supera i 1500 mg nell’organismo viene eliminata (in quanto considerata “eccessiva”) e dispersa nelle urine.
Quindi, frutta di stagione, verdura fresca, centrifugati freschi sono la vera fonte biodisponibile di vitamina!
Come già consigliato nella precedente uscita di “VIVENDI”, un’ ottima soluzione sarebbe aggiungere alle insalate fresche qualche spicchio di aglio fresco (anche ridotto in crema) o cipolla o porro che, per le essenze solforate che contengono, esplicano un’attività terapeutica antisettica ed espettorante sulle vie respiratorie.
Non mancano poi alimenti in grado di attenuare fastidi e sintomi accessori della malattie da raffreddamento. Le difficoltà respiratorie per esempio, trovano sollievo grazie all’uso di peperoncino piccante e della capsaicina in esso contenuta che aumenta la frequenza e il volume della respirazione. Tante allora le possibili soluzioni per prepararsi al freddo invernale senza sorprese e senza starnuti…

sabato, giugno 09, 2007

IL GELATO COME ALIMENTO

Sono gli ingredienti utilizzati per produrre il gelato come il latte, le uova, la panna, il cacao, la frutta e i nutrienti che ne derivano, proteine, zuccheri, grassi, minerali e vitamine che determinano il valore nutritivo di questo alimento.
Soprattutto nel gelato a base di latte si riscontra una buona presenza di proteine ad alto valore biologico, ricche di amminoacidi essenziali particolarmente utili nella funzione plastica e rigeneratrice dei tessuti.
I carboidrati presenti nel gelato sono essenzialmente di tipo semplice (lattosio e saccarosio), carburanti di rapido utilizzo a tutte le età ed in ogni occasione di movimento. I grassi apportano prevalentemente una quota di acidi grassi “a catena corta”, utilizzati dal nostro organismo come veloce combustibile, ma di cui non si dovrebbe superare un “valore soglia” del 10% degli acidi grassi totali vista la tendenza a sviluppare problematiche di aterosclerosi.
Nel gelato troviamo, inoltre, una buona quantità di vitamine A, B2, D oltre a fornire buone dosi di calcio e fosforo provenienti dal latte e dall’uovo.
Per chi, poi, è particolarmente attento alla linea giova sottolineare che il gelato, rispetto ad altri dolci e dessert, ha un apporto energetico più basso: per avere un’idea, 100g di gelato “fior di latte” apportano circa 200 kcal!
Ma, quando è opportuno mangiarlo e, soprattutto, può anche essere inteso come sostituto di un pasto?
Certo è che, oggi, in una società che propone in continuazione l’alimentazione come un “problema”, parlare di gelato sembra quasi andare controcorrente…Fortunatamente però, la scienza della nutrizione ha finito di demonizzare alcuni alimenti in favore di altri e poi…il gelato è buono e piace a tutti!
Quindi, il gelato può benissimo entrare a far parte di un menù giornaliero sano ed equilibrato.
L’estate si conferma la stagione ideale per il gelato: un italiano su tre arriva a concederselo almeno 4 o 5 volte a settimana. In questo periodo dell’anno gli italiani consumano il gelato soprattutto nel pomeriggio e nel dopo cena, ma attenzione, questo alimento si afferma sempre più come sostituivo di uno dei pasti principali della giornata.
Per chi lavora tutto il giorno e ha solo un’ora da dedicare al pasto di mezzogiorno che c’è di meglio di una buona coppa di gelato con una buona dose di frutta fresca al posto del solito panino!
Vale la pena sottolineare un’ultima curiosità: il gelato al posto del pranzo in estate trova un’identica ricorrenza, a livello percentuale, anche al posto della cena. Una tendenza, questa, ancora non molto sottolineata.

INSALATE MISTE D’ESTATE: LE VIRTU’ DI AGLIO E CIPOLLA

I Greci antichi erano chiamati dai dirimpettai invidiosi al di là dell’Egeo, “fillòfagi”, cioè mangiatori di verdura. E a Roma? Da studi comprovati la tavola italica era ancora più verde; popoli di filosofi e di medici, ma soprattutto di pastori ed agricoltori, i Greci ed i Romani sapevano bene quali tesori si celano dentro le foglie verdi e gli ortaggi. In genere si crede – sbagliando – che le verdure non siano importanti nella nostra alimentazione: si snobbano gli ortaggi, riservati magari ai pranzi di routine o a quando non si ha molta fame. Una buona dose di verdure a foglia verde e ortaggi, invece, assicura un’alta percentuale di vitamine (soprattutto idrosolubili), sali minerali e fibra (solubile e insolubile).
Ripeteva Benner: “Mangiate ogni giorno dell’insalata verde, ma che sia veramente verde!” proprio per sottolineare l’importanza delle verdure sia a livello quantitativo (almeno 2-3 porzioni al giorno) sia a livello qualitativo (verdure non trattate, che abbiano preso il sole!).
In estate poi cresce la voglia di cibi freschi, facili da preparare e poco elaborati. Quante volte durante la bella stagione, il pasto è costituito da una fresca, appetibile e completa insalata mista!
Negli ultimi tempi poi si è assistito ad una sorta di riscoperta di antichi sapori e, vuoi per questo, vuoi per una continua ricerca di originalità, le insalate si arricchiscono di ingredienti talvolta dimenticati come cipolle e aglio (quest’ultimo usato anche per la preparazione di elaborate salse da condimento).
La cipolla, presente in numerose varietà, è sempre stata vista dai contadini di tutto il mondo come il “cibo della salute”. Ma oggi? Guai se le tenere mucose dell’uomo di oggi, abituato a cibi dal “sapore medio” dovessero essere turbate da un sapore vero, robusto e naturale! Eppure grandi sono i benefici che apporta…Uno tra gli altri riguarda un glucochinino che diminuisce il tasso zuccherino nel sangue (effetto ipoglicemizzante). Inoltre, viene definita “scopa dell’intestino”: infatti, la cipolla cotta esplica una marcata azione sul tubo digerente, come lassativo, mentre la cipolla cruda agisce sui reni come potente diuretico. Da non dimenticare poi l’importante effetto espettorante che facilita l’espulsione del muco dai bronchi attraverso la gola.
L’aglio, usato solitamente in piccole quantità, quando è tenero e fresco può essere aggiunto ed insalate o ad altre preparazioni. Ormai nota la sua azione anticolesterolo (soprattutto se usato in associazione ad altri alimenti vegetali) sembra arricchirsi di un potere preventivo antitumorale; sicuramente si è dimostrato un potente antiossidante adatto a preservare l’organismo dal pericolo dei radicali liberi.
Purtroppo però, la cottura ne distrugge gran parte delle proprietà curative; ragione per cui è indispensabile consumarlo crudo, ben schiacciato e accompagnato sempre dal prezzemolo tritato che funge da assorbente degli odori.